Mirtilli
Frutto tipico del sottobosco, il mirtillo cresce spontaneo in fitte macchie tappezzando i terreni silicei e ricchi di humus dei boschi alpini ed appenninici. Appartenente alla famiglia delle Ericacee, la pianta di mirtillo è un piccolo arbusto alto circa 60 centimetri che fiorisce in primavera ed i cui frutti si raccolgono in agosto.
Si distinguono differenti specie tra le quali il “mirtillo nero”, il “rosso” ed il “blu” che crescono spontanei in Europa, il “gigante americano” originario del Nord America e quello “australe”. Secondo alcune recenti ricerche effettuate negli Stati Uniti, queste piccole ma preziose bacche sono dotate di un enorme potere antiossidante, in grado di prevenire patologie cardiovascolari e di ritardare il naturale processo di invecchiamento cellulare. A tale riguardo i principali responsabili sono gli antocianosidi, sostanze appartenenti alla famiglia dei bioflanoidi.
Al mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), in particolare, vengono riconosciute il maggior numero di proprietà benefiche per l’organismo umano. I principi attivi in esso contenuto lo rendono, oltre che un prezioso alleato per contrastare i danni provocati dai radicali liberi, anche un ottimo aiuto per i problemi alla vista. Nello specifico sono di estrema importanza i gia citati antocianosidi che, modulando l’attività di determinati enzimi, attivano la rigenerazione di alcuni pigmenti retinici tra i quali la rodopsina. In questo modo favoriscono l’adattamento degli occhi al buio aumentando l’acuità visiva durante la visione crepuscolare e notturna. L’efficacia del mirtillo nelle affezioni della vista è balzata all’attenzione medica solo durante la seconda guerra mondiale in seguito ad accertamenti sanitari effettuati su alcuni aviatori della RAF, la Royal Air Force britannica. Si osservò, infatti, che i piloti anglosassoni, grandi consumatori di marmellata di mirtilli, possedevano una miglior capacità visiva notturna rispetto ai colleghi delle altre aeronautiche militari.
Diversi studi clinici hanno confermato, inoltre, come gli stessi antocianosidi siano in grado di ottimizzare la microcircolazione esercitando un’azione protettiva nei confronti delle pareti dei vasi sanguigni. In questo modo contribuiscono a diminuire la fragilità capillare e a migliorare il deflusso venoso. Da non trascurare anche la presenza di eterosidi flavonoidici, dall’azione angioprotettiva, utili nel trattamento dei disturbi vascolari periferici.
Ma non finisce qui. I frutti del mirtillo contengono diversi acidi organici tra i quali l’acido citrico (usato come rimedio metabolico per abbassare l’acidità dell’organismo) e l’acido cinnamico (utilizzato nell’industria alimentare per la sintesi di aromi), tannini (dalle proprietà astringenti, antibatteriche e antifungine), pectine (polisaccaridi che rendono croccanti i frutti) e le vitamine A, C ed alcune del gruppo B.
Incredibile ma vero quindi! Nonostante le piccole dimensioni questi colorati frutti tondi sono vere e proprie bacche portentose rappresentando non solo un naturale nutrimento per gli occhi, ma anche un eccellente supporto sia per i disturbi circolatori che per quelli intestinali.
Frutti di bosco
Lamponi, mirtilli, more, ribes e fragoline di bosco sono frutti a bacca di piccole dimensioni che nascono e crescono spontanei nei boschi del dorsale appenninico sia a quote collinari che montane e che vengono unitamente definiti frutti di bosco.
Nonostante la facile reperibilità questi colorati frutti non hanno mai occupato un posto di rilievo nella storia della cucina tradizionale. Gli unici riferimenti alle loro caratteristiche nutrizionali si ritrovano per lo più in trattati di medicina relativi alle proprietà benefiche degli alimenti, come in quello del 1583 redatto da Baldassarre Pisanelli, illustre medico e docente di medicina bolognese. Ad oggi la moderna bibliografia ritiene i frutti di bosco essenziali per una corretta alimentazione. Al mirtillo e al suo eccezionale potere antiossidante ed antibatterico ho riservato un intero articolo. Non mi resta, pertanto, che analizzare nel dettaglio gli altri componenti di questo gruppo.
Mora (Rubus ulmifolius)
Tra tutti i frutti di bosco la mora è senz’altro quella di più facile coltivazione: ne è segno la diffusione allo stato spontaneo in quasi tutta la penisola. Si distinguono la mora di rovo, che può essere rossa e nera, e quella di gelso, dal colore rosso, le cui foglie rappresentano un ottimo nutrimento per il baco da seta.
La mora è un frutto estremamente delicato: matura nei mesi estivi e va mangiato appena colto poiché difficile da conservare. Profumato e succulento è ricco di vitamina A (utile per migliorare la visione notturna e per proteggere dalle infezioni la pelle ed il rivestimento mucoso della gola, dei polmoni, dello stomaco e delle vie urinarie), C (indispensabile all’organismo per prevenire i danni provocati dai radicali liberi) e acido folico (essenziale allo sviluppo del sistema nervoso e del midollo osseo). Contiene, inoltre, fibre, efficaci nel migliorare la funzionalità intestinale, potassio, che regola il ricambio idrico del corpo, calcio, per la formazione delle ossa e dei denti e magnesio, che oltre ad essere fondamentale per la buona salute delle cellule, favorisce l’assorbimento degli altri minerali.
Ribes
Questo frutto è costituito da piccole bacche unite in grappoli dal sapore dolce e acidulo al tempo stesso. Esistono tre specie principali di ribes: quello rosso (Ribes rubrum), quello nero (Ribes nigrum) e l’uva spina (Ribes grossularia), dal colore giallo, verde o violetto. Le prime due varietà sono le più diffuse in Italia e contengono una buona quantità di vitamina C, potassio, ferro ed acidi organici, molecole fondamentali per l’organismo per neutralizzare acidi di diversa origine che si formano durante numerosi stati morbosi. Il ribes viene, infatti, utilizzato soprattutto per le sue proprietà antinfiammatorie, diuretiche e depurative.
Lampone (Rubus idaeus)
Piuttosto comune nei boschi dell’Europa e dell’Asia, dove cresce allo stato spontaneo, il lampone viene coltivato nelle regioni temperate per i suoi gustosi e profumatissimi frutti. Di colore rosso, giallo o nero, matura tra metà giugno e fine settembre.
Tra tutti i frutti di bosco, i lamponi sono considerati, da un punto di vista nutrizionale, quelli sicuramente più completi per il contenuto in fibre, vitamine e minerali.
Sono, infatti, utilizzati in fitoterapia per le loro proprietà antiossidanti, dovute alla presenza di vitamina C, ricostituenti, grazie al complesso di vitamine del gruppo B fondamentali contro l’astenia, astringenti ed antinfiammatorie: l’infuso di foglie è utile in presenza di stomatiti, disturbi intestinali ed irritazioni della gola. Da non trascurare anche il contenuto di potassio, indispensabile per il bilancio idrico del corpo, di calcio, che rinforza la struttura scheletrica dell’organismo, di fosforo, indispensabile nei processi di produzione di energia e per stimolare le contrazioni muscolari ed, infine, di magnesio, che interviene nel metabolismo dei carboidrati e delle proteine.
Fragolina di bosco (Fragaria vesca)
Anche se alle fragole ho già parlato, meritano, comunque, una breve menzione quelle di bosco, sicuramente uno dei piccoli frutti più rinomati.
Se ne conoscono diverse sottospecie: la Fragaria vesca semperflorens, chiamata fragola delle Alpi o fragola delle quattro stagioni, di colore rosso chiaro o bianco, la Fragaria vesca sativa, detta fragola di Germania, di colore rosso cupo e sapore muschiato e la Fragaria vesca viridis, detta fragola della collina o fragola stellata, con frutti di colore rosso scuro e tipica delle zone collinari. Queste varietà crescono spontanee nel sottobosco e sono caratterizzate da un intenso ed aromatico profumo. Contengono una elevata quantità di vitamina C (superiore a quelle contenuta nelle arance), Potassio, Calcio, Magnesio e Ferro, necessario per la sintesi di emoglobina (proteina che permette il trasporto dell’ossigeno nel sangue e la sua cessione ai vari tessuti).
Conclusa la rassegna dei principali frutti del sottobosco che crescono spontanei in Italia, non ci resta che continuare a prenderci cura di noi approfittando dei molteplici benefici che questi piccoli e colorati frutti ci donano generosamente.
Le banane
Le banane sono tra i frutti più consumati al mondo. La pianta di banano appartiene alla famiglia delle Musaceae ed è caratterizzata da ampie foglie e da fusti alti fino ad 8 metri.
Recenti prove archeologiche e paleoambientali, effettuate in Papua Nuova Guinea, fanno risalire la coltivazione della banana al 5000 a.C. Ad oggi, tuttavia, diverse specie crescono ancora spontanee sia in Nuova Guinea, che in Malesia, in Indonesia e nelle Filippine.
Secondo i dati forniti dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, il maggior produttore mondiale di banane è l’India, seguita da Brasile, Ecuador, Cina e Filippine, mentre i maggiori esportatori sono l’Ecuador ed il Costa Rica. In passato questi paesi venivano, infatti, chiamati repubbliche delle banane o, in inglese, “banana republic” poiché la loro economia dipendeva interamente dal commercio di questo frutto.
Le banane crescono vicine le une alle altre, formando grappoli detti “caschi”. Di forma oblunga ed arcuata, sono caratterizzati da una buccia esterna e dalla bianca ed aromatica polpa interna. Il sapore e la consistenza delle banane sono influenzati dalla temperatura in cui crescono e dal grado di maturazione. I frutti esposti ad alte temperature e a lunghi tempi di maturazione sono più dolci e morbidi rispetto a quelli cresciuti in ambiente maggiormente fresco e ventilato. Il grado di maturazione è facilmente intuibile osservando il colore della buccia e della polpa. Esso tende al verde nei frutti acerbi, al giallo scuro con piccole chiazze marroni (corrispondenti ad accumuli di zuccheri) in quelli molto maturi, al giallo acceso in quelli pronti da gustare. Le varietà dolci, maggiormente consumate nei paesi temperati, sono la Musa acuminata e la Musa paradisiaca, mentre quella di maggior diffusione in ambito commerciale è la Cavendish.
Da un punto di vista nutrizionale, le banane contengono circa il 75% di acqua, il 23% di carboidrati, l’1% di proteine, lo 0,3% di grassi e il 2,6% di fibra alimentare (questi valori, tuttavia, variano a seconda delle diverse coltivazioni di banane, del grado di maturazione e delle condizioni di crescita). La polpa è ricca di vitamine A, B1, B2, B6, C, PP e piccole quantità di E che, nell’insieme, contribuiscono a mantenere elastica la pelle, a stimolare le difese immunitarie e a favorire il metabolismo delle proteine. Nella banana abbondano, inoltre, i sali minerali quali il Calcio, il Fosforo, il Ferro e soprattutto il Potassio, indispensabile per il funzionamento del sistema cardiovascolare e per favorire la diuresi. Per quanto riguarda l’apporto calorico, una banana di medie dimensioni fornisce circa 85 kcal che la rendono, contrariamente al pensiero comune, adatta ad essere consumata anche durante regimi alimentari ipocalorici.
Infine una curiosità: in alcune regioni del sud-est asiatico, quali Malesia e Singapore, il termine banana viene usato in senso dispregiativo per indicare una persona di origine cinese che non conosce bene la propria cultura e che parla l’inglese più fluentemente del mandarino o di qualunque altro dialetto locale. Il riferimento è dovuto proprio alla somiglianza con il frutto: “giallo fuori e bianco dentro”.
Ananas
L’ananas (Ananas comosus), re della frutta tropicale, è l’omonimo frutto di una pianta esotica perenne appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae. Si presenta come una grossa pigna ovale sormontata da un ciuffo di foglie verde scuro e rivestita esternamente da una scorza giallastra formata da numerose placchette fuse tra loro. All’interno la polpa è di colore giallo e al centro è presente un fusto fibroso non commestibile. Il succo, dal caratteristico profumo, ha un sapore leggermente acidulo ma gradevole al gusto.
Originario del Centro e del Sud America, fu solo con la scoperta del Nuovo Mondo che la sua coltivazione si diffuse negli altri continenti a clima tropicale, diventando, così, uno dei frutti più conosciuti ed amati. Attualmente i maggiori produttori sono Brasile, Costa Rica, Costa d’Avorio, Ghana, Togo, Nigeria e Camerun. Da questi paesi vengono esportati i frutti non solo per scopi alimentari, ma anche ornamentali. Con le foglie, infatti, si producono diverse fibre impiegate per la fabbricazione di cordami e tessuti. Le varietà di ananas più conosciute sono la Smooth Cayenne, la Queen Victoria e la Extra Sweet.
Se si vuole acquistare un frutto fresco e ben maturo bisogna controllare che la scorza sia di colore oro, senza tagli o ammaccature.
Da un punto di vista nutrizionale l’ananas è unanimemente considerato un frutto salutare, digeribile e nutriente. Con appena 40 kcal ogni 100 grammi di peso e circa il 90% di acqua è un alimento particolarmente indicato nei regimi dietetici ipocalorici. Contiene diverse vitamine tra cui la A, che aiuta a migliorare la visione notturna, la pelle e i capelli, alcune del gruppo B, indispensabili per combattere l’astenia e la C, che protegge le cellule e previene i danni provocati dai radicali liberi. Al suo interno sono presenti anche minerali come il Calcio, il Fosforo e il Magnesio, utili alle ossa e ai denti ed il Potassio, indispensabile per regolare il ricambio idrico del corpo. L’azione diuretica e drenante di questo frutto è anche riconducibile alla presenza di acidi organici quali il citrico, il malico e l’ossalico.
Una peculiarità di questo frutto è, infine, la presenza di Bromelina, un enzima proteolitico (capace, cioè, di degradare le proteine in amminoacidi) dall’azione digestiva e dalle proprietà antinfiammatorie ed antiedematose.
Infine, qualche curiosità.
Al Museo Nazionale Romano è conservato un pavimento a mosaico risalente tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C. Al centro è presente un motivo geometrico raffigurante un cesto di frutta, in cui spicca, inspiegabilmente, un ananas che sarebbe giunto in Europa, come anticipato, solo dopo i viaggi di Cristoforo Colombo.
Infine per secoli l’ananas ha rappresentato anche il simbolo dell’ospitalità: all’epoca delle prime spedizioni coloniali verso le Americhe, gli indigeni erano soliti, infatti, accogliere i visitatori appendendo un ananas all’ingresso delle proprie abitazioni in segno di benvenuto. Al ritorno a casa, i colonizzatori hanno, a loro volta, mantenuto questa usanza come gesto d’invito per i propri vicini di casa.
La patata
La patata (Solanum tuberosum) è il tubero più utilizzato come alimento nel nostro paese e si contraddistingue per essere un cibo particolarmente versatile e popolare. Nel corso degli anni ha infatti giocato, e gioca tuttora, un ruolo determinante nella diversificazione della dieta di molti paesi.
Originaria delle lontane Ande peruviane, ove si trovano le più antiche testimonianze della sua coltivazione, la patata è stata essenziale per l’alimentazione dei nativi, integrando e arricchendo la loro dieta con vitamine, minerali e proteine di alta qualità. Nel XVI secolo, in seguito all’invasione spagnola per la conquista dell’impero Inca, la pianta della patata si è diffusa dapprima in Europa e, successivamente, in tutto il mondo. Ad oggi è coltivata in circa 100 paesi di tutti i cinque continenti e, in termini di produzione, è la quarta coltura più importante al mondo.
Da un punto di vista prettamente dietetico, il valore nutritivo di un pasto contenente le patate dipende, in primis, dagli alimenti con cui vengono servite e, secondariamente, dalle modalità di preparazione. Da sole, pur essendo un’ottima fonte di energia, le patate non forniscono un elevato apporto calorico ed il senso di sazietà che ne deriva dal mangiarle può, anche ai più golosi, facilitare il controllo del peso corporeo.
La caratteristica principale di questo prezioso tubero è l’elevato quantitativo in esso di un fondamentale carboidrato complesso: l’amido.
Dal momento che gli esseri umani non sono in grado di digerire l’amido crudo, è necessario cuocere le patate prima di procedere al loro consumo. Occorre, tuttavia, ricordare che ogni metodo di cottura ne altera la composizione e che sarebbe, quindi, preferibile, cucinarle con la buccia (sia che si preparino al vapore, bollite o al forno) per prevenire e limitare la perdita dei suoi importanti nutrienti.
Il vantaggio dell’amido è quello di essere assorbito lentamente, provocando un minore innalzamento della glicemia rispetto all’assunzione di zuccheri semplici. Dopo l’ingestione, infatti, esso viene demolito in composti sempre più semplici fino ad ottenere il glucosio che rappresenta lo zucchero immediatamente utilizzabile dall’organismo per svolgere al meglio le attività muscolari e cerebrali a cui siamo chiamati tutti i giorni, garantendo anche il corretto metabolismo degli altri principi nutritivi.
Oltre all’amido, la patata è ricca di numerosi micronutrienti, in particolare di potassio, fosforo e vitamina C. Quest’ultima, come noto, è una importante alleata del nostro organismo e, tra le essenziali funzioni biologiche che spiega, esercita una indispensabile azione antiossidante contro i radicali liberi e promuove l’assorbimento e l’utilizzazione del ferro a sua volta moderatamente presente nelle patate.
I dati forniti dal dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, secondo mercato di riferimento per il consumo pro-capite di patate dopo l’Europa, hanno evidenziato che un etto di patate bollite e sbucciate contiene il 77% di acqua, oltre a fibre e proteine. Per contro, la stessa quantità fornisce un bassissimo apporto di grassi, tale da sviluppare, in uno agli altri elementi presenti nel tubero, circa 87 Kcal.
Alla luce delle sue caratteristiche, la patata è un nutriente essenziale che dovrebbe sempre accompagnare la nostra alimentazione e rappresenta un importante tassello della amata e decantata dieta mediterranea.
Topinambur
Come sempre accade in questo periodo, ci avviciniamo alla notte di San Silvestro carichi di buoni propositi per l’anno nuovo. Accanto all’amore, all’amicizia e alla realizzazione sul lavoro un aspetto sicuramente di primaria importanza per tutti noi è quello di mantenersi in forma e, soprattutto, in salute.
Ed allora via alle diete dimagranti e disintossicanti per correre ai ripari dopo le abbuffate natalizie. Ma perché aspettare il nuovo anno e non cominciare fin d’ora ad alimentarci con cibi sani e nutrienti?
A tale proposito, se già da qualche settimana girando per il reparto frutta e verdura del supermercato vi siete imbattuti in strani cartelli con la scritta “topinambur” non tirate dritto. Fermatevi e compratene uno. Il topinambur (Helianthus tuberosus), infatti, altro non è che un tubero di stagione, noto anche come patata americana, patata del Canada o tartufo di canna. Originario delle praterie occidentali del Nord America, dove i Nativi lo consumavano per le sue preziose proprietà nutrizionali, si è diffuso in Europa in seguito alla scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo.
In Italia lo si ritrova principalmente al Nord dove, oltre a crescere spontaneo, viene coltivato a scopo ornamentale ed alimentare. Altamente nutriente, può essere considerato un vero e proprio integratore per il benessere del nostro organismo. Accanto all’elevato contenuto di acqua (80%) e alle scarse calorie, è costituito da glucidi (15-20%), protidi (2%) e da vitamine quali la A, indispensabile per il meccanismo della visione notturna e per la riproduzione cellulare ed alcune del gruppo B, indicate negli stati di debilitazione generale. Sono, inoltre, presenti minerali come il Ferro, il Potassio, il Magnesio ed il Fosforo ed alcuni amminoacidi tra cui l’Asparagina, necessaria al metabolismo dell’alcool e l’Arginina, fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi, ossia della stabilità interna del nostro organismo.
Ma l’aspetto sicuramente più rilevante è la presenza di Inulina, un polisaccaride dalle interessanti proprietà. La sua assunzione favorisce, infatti, il riequilibrio della flora batterica intestinale stimolando, da un lato, l’aumento di Bifidobatteri e di Lattobacilli, importanti per una corretta digestione e per la salute del colon, dall’altro la contemporanea e massiccia diminuzione del numero dei batteri ritenuti nocivi. Essendo, inoltre, costituita dalla condensazione di molecole di fruttosio, zucchero dall’elevato potere dolcificante che vanta la proprietà di essere assorbito dall’organismo senza pesare sull’attività del pancreas, l’inulina risulta essere una fondamentale riserva di carboidrati indipendentemente dalla secrezione di insulina da parte dell’organismo. Questo aspetto rende il topinambur indicato anche a colore che metabolizzano ed utilizzano male il glucosio. L’Inulina, infine, se utilizzata come fibra alimentare, favorisce la peristalsi intestinale.
Esistono due diverse varietà di topinambur: quella bordeaux, maggiormente diffusa e presente sul mercato da ottobre ad aprile circa e quella bianca precoce, reperibile già da fine agosto. Entrambe possono essere consumate sia cotte che crude ed hanno un sapore molto simile a quello del carciofo.
Quindi per fare un riassunto il topinambur può essere utilizzato per riequilibrare la flora batterica intestinale e per la stitichezza, per la cattiva digestione e per il controllo dello zucchero ematico.
Vi pare poco?
Il melone
Il melone (Cucumis melo) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Cucurbitacee. Nonostante le origini incerte (secondo alcuni autori proviene dall’Asia, secondo altri dall’Africa), le prime prove circa la sua coltivazione sono state rinvenute in Egitto e risalgono al V secolo a.C.
Grazie ai primi scambi commerciali intrapresi nel bacino del Mediterraneo questa coltura giunse nel nostro paese intorno al I secolo a.C. e si diffuse molto rapidamente. Durante l’Impero Romano era talmente apprezzata dalla popolazione che l’Imperatore Diocleziano, per arricchire le casse dello Stato, emise un apposito editto per tassare gli esemplari di peso superiore ai 200 grammi.
I meloni sono, infatti, frutti voluminosi dal peso di circa 1-2 kg e dalla forma ovale o tondeggiante. La buccia esterna protegge la polpa succosa e profumata che, a sua volta, racchiude al suo interno numerosi semi piatti.
I meloni si suddividono in due grandi gruppi: i meloni estivi, presenti sul mercato nel periodo compreso tra giugno ed agosto e quelli invernali, acquistabili in agosto ed in settembre. Questi ultimi hanno la polpa bianca, la buccia liscia e sottile e sono caratterizzati da una elevata capacità di conservazione. Al primo gruppo, invece, appartengono i meloni dalla polpa giallo-arancione tra i quali si distinguono i Retati (o Reticulatus), dalla buccia sottile e corrugata a formare una specie di reticolo, e i Cantalupo (o Cantaloupensis), con buccia spessa e caratterizzata da profondi solchi longitudinali.
Il melone non è solo uno dei frutti più gustosi dell’estate ma è anche ricco di proprietà benefiche. Accanto all’elevato contenuto di acqua, che ne esalta il potere dissetante e aiuta a prevenire la disidratazione, questo gustoso frutto è una formidabile riserva di vitamine e di sali minerali. L’alta presenza di beta-carotene, precursore della vitamina A, oltre a stimolare la produzione di melanina, rende il melone un prezioso alleato per la vista. Da non trascurare anche il contenuto di vitamina C importante per potenziare il sistema immunitario (grazie alla sua azione antiossidante), per la sintesi del collagene e per l’assorbimento e l’utilizzazione del Ferro. Sono, infine, presenti il Potassio, indispensabile per combattere la ritenzione idrica e assicurare un buon ricambio idrico del corpo, il Calcio, per la crescita delle ossa e dei denti ed il Fosforo, che stimola l’attività cerebrale.
Tutte queste proprietà hanno contribuito al successo di questo frutto fin dal passato tanto che lo scrittore francese Alexandre Dumas chiese (ed ottenne, fino alla sua morte nel 1870) alla biblioteca della città di Cavaillon, rinomata per la produzione di meloni, una rendita vitalizia di 12 meloni annui in cambio delle sue opere (circa 400 volumi). In suo onore, in seguito, venne istituita la Confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.
Anticamente, infine, il melone veniva considerato simbolo di fecondità, forse per la presenza dei numerosissimi semi. Ma proprio per la sua incontrollata capacità generatrice, opposta alla ragione e all’intelligenza era, al contempo, associato al concetto di sciocco e goffo. Infatti uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine.
La pesca
Originario della Cina, dove fin dal 2000 a.C. è considerato un simbolo d’immortalità, il pesco è un albero dagli splendidi fiori e dai gustosi frutti: le pesche.
Grazie al commercio dei mercanti giunsero in Persia, paese dal quale deriva il nome della specie (Prunus persica) e, successivamente, in seguito alle conquiste di Alessandro Magno, si diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo.
Di forma rotondeggiante e divisa da un solco longitudinale, la pesca è protetta da una sottile buccia esterna. All’interno la profumata polpa carnosa contiene il nocciolo che a sua volta racchiude il seme.
Quest’ultimo, al pari delle foglie e dei fiori del pesco, presenta una sostanza chimica che libera acido cianidrico ed è, pertanto, velenoso e non edibile.
Esistono molte varietà di pesche distinguibili innanzitutto in relazione alla buccia, che può essere vellutata oppure glabra, come nel caso delle pesche “Nettarine” o “Pesche Noci”. Una ulteriore differenziazione può essere fatta anche in base alla distanza della polpa dal nocciolo: nelle pesche “spiccagnole” la polpa è aderente, mentre nelle “duracine” è staccata dal nocciolo. Infine, se ne individuano diverse varietà anche in riferimento alla polpa: vi sono le pesche “gialle”, succose e profumate e le “bianche”, dalla polpa chiara e filamentosa. Da non trascurare anche la “Percoca”, utilizzata principalmente nell’industria conserviera, la “Merendella” dalla pelle liscia e di colore bianco-verde diffusa in Calabria, e la “Saturnina” dalla forma schiacciata e dal sapore intenso.
Oltre ad essere un piacere per il palato, la polpa succosa della pesca vanta numerose proprietà nutritizie. L’elevata percentuale di acqua (circa il 90%) in essa contenuta la rende estremamente dissetante ed ideale nel periodo estivo per far fronte alla perdita di liquidi che avviene con la sudorazione. Sono di fondamentale importanza anche gli oligoelementi presenti tra i quali spiccano il Potassio, che regola il ricambio idrico del corpo e impedisce la disidratazione delle cellule, il Magnesio, importante per favorire l’assorbimento degli altri minerali e della vitamina C, il Fosforo e il Calcio, indispensabili per la formazione delle ossa e dei denti. Va, inoltre, sottolineato che una pesca soddisfa da sola circa il 10% del fabbisogno giornaliero di vitamina C utile per difendere il nostro corpo dall’attacco dei radicali liberi e per consolidare le ossa. E’ presente anche il β-carotene che, trasformandosi nell’organismo in vitamina A, protegge i tessuti e la vista. Infine la presenza di alcune vitamine del gruppo B, rende la pesca un frutto nutriente ed energetico.
Non va dimenticato l’impiego delle pesche nella cosmesi. Il succo fresco è un eccellente tonico per il corpo mentre dalla polpa frullata con l’aggiunta di panna liquida si ottiene un’idratante maschera per il viso.
Infine una curiosità: il dio egiziano Arpocrate, protettore degli infanti, considerava la pesca un frutto sacro, probabilmente per la somiglianza della sua buccia vellutata alla morbida pelle delle guance dei bambini.
Il riso: il cereale più consumato nel mondo
Il riso (Oryza sativa L. ) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Graminacee e, ad oggi, rappresenta l’alimento base per circa un terzo della popolazione terrestre.
Originario delle regioni dell’Asia sud-orientale, come testimoniano reperti rinvenuti in Cina ed in Thailandia, veniva coltivato già 7000 anni fa e fu probabilmente Alessandro Magno, attraverso la conquista dell’India, a farlo conoscere anche al mondo occidentale. In seguito, grazie alle popolazioni arabe venne diffuso e coltivato in tutto il bacino del Meditteraneo ed in particolare in Italia, che attualmente vanta il primato di essere il primo produttore europeo di questo cereale. Ed è in una particolare regione in provincia di Pavia, la Lomellina, che, sia per le caratteristiche morfologiche del terreno, sia per la tradizione delle tecniche di coltivazione, le risaie sono maggiormente diffuse.
Esistono tre sottospecie di riso: la Javanica; l’Indica, coltivata per lo più nei paesi asiatici, da cui si ricavano il riso Basmati ed il Patna e la Japonica, tipica dei climi temperati, dalla quale, attraverso diverse ibridazioni, sono state ottenute tutte le 30 varietà di riso coltivate in Italia. I chicchi vengono classificati secondo un ordine crescente di grossezza e di resistenza alla cottura, in comuni, semifini, fini e superfini. A quest’ultimo gruppo appartengono le qualità più conosciute ed apprezzate nel nostro paese, ossia l’Arborio, il Baldo e il Carnaroli.
A prescindere dalla varietà, il riso è il cereale più diffuso nel nostro paese, dove viene consumato solo dopo una semplice azione di pulitura, senza essere sottoposto ad alcuna trasformazione. I chicchi appena raccolti (detti anche cariossidi, o risone o riso grezzo o paddy) giunti alle riserie, subiscono un processo di lavorazione assolutamente naturale. Passano, innanzitutto, attraverso macchine selezionatrici per la pulitura e subiscono, poi, la bramatura per essere separati dalla lolla, ossia dalla buccia. Infine, con la lucidatura è asportata la pellicola esterna che li racchiude. Questi trattamenti meccanici lasciano inalterate le proprietà nutritive del chicco.
Quasi tutti certamente sapranno che il riso è ricco di amido, un carboidrato complesso, particolarmente indicato nelle diete alimentari, essendo assimilato lentamente dal nostro organismo e smaltito con estrema facilità. Sono, inoltre, presenti proteine, fibre (soprattutto l’ integrale), vitamine del gruppo B (B1, B2, PP e B6) e diversi minerali, tra cui il Fosforo e il Calcio (necessari alle ossa e ai denti), il Magnesio (per la buona salute delle cellule), il Potassio (che regola il ricambio idrico del corpo), il Selenio (dalle proprietà antinvecchiamento) ed il Silicio (che contribuisce alla formazione e al sano mantenimento del tessuto connettivo, delle ossa, dei denti e degli annessi cutanei quali unghie e capelli). Considerato l’ampio consumo, merita una breve menzione il riso parboiled, volgarmente chiamato “che non scuoce”, che grazie ad uno speciale pre-trattamento di cottura al vapore ad alta temperatura e successiva essiccazione all’aria, più degli altri mantiene, una volta bollito, tutte le proprietà.
Con questo procedimento idrotermico e naturale l’amido si gelatinizza e diventa più resistente, garantendo una migliore conservazione dell’alimento e permettendo a tutte le sostanze nutritive presenti di penetrare nel chicco.
Infine, una curiosità. Se molti si sono divertiti, almeno una volta nella vita, a “colpire” gli sposi con il riso, pochi sicuramente sanno che questa usanza ha origine dalla antica tradizione cinese per augurare fertilità e felicità alla nuova famiglia.
Leggenda narra, infatti, che durante una terribile carestia che colpì i contadini cinesi, il loro Genio Buono, impietosito da tale sofferenza, disperse i propri denti nell’acqua del fiume con cui venivano irrigati i campi. I denti trasformandosi in semi, germogliarono in migliaia di piante di riso, che sfamarono l’intera popolazione. Da allora, il riso divenne un venerato simbolo di abbondanza e prosperità.
Melograno: tra storia e virtù
Il melograno, originario dell’Asia centro-occidentale, è una pianta di antica tradizione dai risvolti leggendari che ha sempre affascinato l’uomo.
Da sempre considerato simbolo della fertilità, è infatti presente in racconti, riti e sogni di diverse culture, spesso legati alla sensualità.
Le giovani spose della Roma imperiale ne intrecciavano i rami fra i capelli come auspicio di fecondità. Ancora oggi in Turchia il giorno delle nozze è usanza rompere una melagrana al fine di predire, in base al numero di semi fuoriusciti, i figli della coppia.
Accanto a queste usanze dall’esito sibillino ed incerto, il melograno è stato comunque utilizzato, fin dal passato, anche per le sue proprietà terapeutiche. Lo stesso Ippocrate, padre della medicina, ne esaltava le virtù, definendone il frutto un vero e proprio rimedio medicamentoso. Nell’antica Grecia, infatti, era già prescritto come antinfiammatorio e contro le infezioni parassitarie. In seguito le proprietà benefiche del melograno sono state poi confermate anche dalla ricerca scientifica che ne ha individuato altre importanti potenzialità.
Negli ultimi anni si è studiato, in particolare, l’effetto dell’acido ellagico, una sostanza vegetale che apporta un valido aiuto per contrastare lo stress ossidativo dell’organismo e per prevenire alcune importanti patologie, quali l’ipercolesterolemia e l’aterosclerosi. Nella melagrana sono, inoltre, presenti flavonoidi dalle proprietà antinfiammatorie, antiallergiche e vasoprottetrici, oltre ad elementi quali Calcio, Ferro, Magnesio, Fosforo e Potassio e le Vitamine A, B e C.
I suoi frutti, di aspetto tondeggiante e colore rosso screziato di giallo, sono internamente suddivisi in piccole logge rivestite da una membrana econtenenti numerosi semi carnosi dal sapore acido ma, al contempo, zuccherino.
In base all’acidità, il melograno può essere classificato in aspro, agro-dolce o dolce. In Italia se ne conoscono diverse varietà: Dente di Cavallo, Neirana, Profeta Partanna, Selinunte, Ragana e Racalmuto, tutte agrodolci o dolci. I frutti vengono consumati freschi e spesso sono usati per preparare bevande dalle proprietà dissetanti.
Le melagrane si raccolgono, già mature, da settembre a novembre e possono essere conservate a temperatura ambiente sino ad una settimana. Quando si acquistano devono risultare pesanti rispetto alle loro dimensioni e presentare buccia tesa e dura.
Per aprire correttamente il frutto senza rompere i semi in esso contenuti si devono rispettare le sue naturali conformità. Per farlo è sufficiente incidere la buccia con un coltello appuntito, aprire il frutto con movimento deciso e sgranare delicatamente i semi all’interno.
Nel 2000, infine, per le sue proprietà, il melograno è stato scelto come simbolo della scienza medica nel corso del Festival del Millennio della Medicina tenutosi in Inghilterra.
Per beneficiare appieno delle sue proprietà approfittiamo di questo dono che Madre Natura ci offre servendolo come merenda in macedonia oppure, opportunamente spremuto e filtrato, come gustoso aperitivo analcolico.