Il Basilico o Ocimum basilicum L.
Il basilico (Ocimum basilicum L.) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Labiateae. Originario dell’Asia tropicale, attraverso l’India ed il Medio Oriente si diffuse dapprima in Grecia e in Italia e, successivamente, nel resto dell’Europa.
Coltivato in tutto il mondo per il gradevolissimo profumo delle sue foglie, il basilico è una delle erbe aromatiche maggiormente conosciute ed utilizzate in cucina.
Le varietà più diffuse sono il “basilico genovese” dal gusto deciso e usato per preparare il famoso pesto, il “fine verde” dalle dolci e piccole foglie, il “tailandese” dall’aroma mentolato, il “messicano” il cui sapore ricorda quello della cannella ed, infine, il lievemente piccante “porpora messicano”.
Dal punto di vista nutrizionale sono presenti diversi sali minerali ed elettroliti quali il Sodio ed il Potassio, che regolano l’equilibrio acido-base e intervengono nel bilancio idrico del corpo, il Ferro, indispensabile per la produzione dell’ emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue, il Calcio, necessario per la coagulazione del sangue e per la formazione del tessuto osseo ed, infine, il Fosforo, fondamentale nei processi di produzione di energia quali il metabolismo dei grassi, dei carboidrati e delle proteine.
Sono, inoltre, presenti la vitamina A, che favorisce la visione notturna e la riproduzione delle cellule epiteliali che rivestono l’esterno e l’interno del corpo, la vitamina C, importante per rinforzare le difese immunitarie, per la sintesi del collagene e per l’assorbimento e l’utilizzazione del ferro ed alcune del gruppo B tra cui la B1 o Tiamina, che regola il metabolismo dei carboidrati, la B2 o Riboflavina, per il trofismo e la riparazione dei tessuti e la B3 o Niacina, per l’integrità di tutti i tessuti del corpo e per il buon funzionamento del sistema nervoso. Oltre che per le proprietà dei suoi costituenti, il basilico si è distinto fin dal passato per le numerose credenze e superstizioni a lui associate.
Gli antichi Egizi, ad esempio, lo utilizzavano per imbalsamare i defunti poiché lo ritenevano di buon auspicio per l’aldilà. I greci ed i Romani erano invece certi che per far crescere una rigogliosa piantina di basilico fosse necessario accompagnare la semina con insulti e maledizioni. Antiche leggende popolari, poi, narrano le più disparate convinzioni: dalla capacità di prevenire le contaminazioni delle acque o di allontanare i fulmini durante i temporali, al potere di attirare gli scorpioni o di generare veri e propri stati di pazzia. Che sia vero oppure no non è dato saperlo, quel che è certo è che le sue profumate foglioline verdi sono ideali, soprattutto nel periodo estivo, per insaporire e dare un tocco di colore in più alle nostre pietanze.
Asparagi: i germogli della salute
Appartenente alla famiglia delle Liliacee, la pianta erbacea dell’Asparago (Asparagus officinalis L.) ha origini millenarie.
Splendidi bassorilievi scoperti nella valle del Nilo mostrano, infatti, che già 2000 anni fa gli Egizi conoscevano l’asparago e ne praticavano la coltivazione in modo simile ad oggi.
Ben presto vennero apprezzati anche nell’antica Roma, tanto che i grandi imperatori fecero costruire apposite navi (dette “asparagus”) per andarli a raccogliere. Ma solo verso la fine del Medio Evo ha avuto inizio la loro coltivazione su larga scala.
Con la scoperta del nuovo mondo, infatti, anche l’asparago varcò l’oceano e trovò nuovi terreni idonei alla sua coltura. Attualmente a livello mondiale i maggiori produttori sono la Cina, il Perù, il Messico e gli Stati Uniti, mentre in Europa le coltivazioni più intense si hanno in Spagna, Francia, Germania ed Italia.
Esistono diverse varietà di asparago che si distinguono per l’aspetto, il sapore e la tipologia di coltivazione. Quello sicuramente più conosciuto in Emilia Romagna è l’Asparago Verde di Altedo I.G.P. dal sapore marcato e dolciastro; è il solo a non dover essere pelato prima della cottura. Vi sono anche specie dal sapore più delicato, come gli Asparagi Bianchi (o di Bassano), coltivati in assenza di luce, o dal gusto più rustico ed amaro, come gli Asparagi Violetti. La parte commestibile della pianta è rappresentata dai germogli, o turioni, che si dipartono da fusti sotterranei legnosi denominati “zampe”.
Indipendentemente dal tipo acquistato, per essere freschi devono presentarsi con il gambo dritto, senza tagli o macchie, e con la punta ben chiusa. Una volta in frigorifero si conservano, avvolti in un sacchetto di carta, per 2-3 giorni circa.
Dal punto di vista nutrizionale gli asparagi possiedono spiccate proprietà diuretiche e depurative poiché facilitano l’eliminazione dall’organismo dei liquidi in eccesso e delle scorie metaboliche. Apportano limitate quantità di grassi, zuccheri e calorie (appena 25 Kcal per 100 grammi). Al contempo sono ricchi di fibre e di sostanze preziose per l’uomo tra cui l’asparagina, amminoacido utile alla sintesi di numerose sostanze proteiche, la rutina, bioflavonoide efficace nel rinforzare le pareti dei capillari e l’acido folico (o vitamina B9), fondamentale in gravidanza per ridurre il rischio di malformazioni al feto. Da non trascurare, inoltre, il contenuto di Calcio, implicato nella contrazione muscolare, di Magnesio, importante per il metabolismo delle ossa, di Potassio, che interviene nel bilancio idrico del corpo, di Manganese, utile per la salute delle ossa e delle vie urinarie e di Fosforo, parte integrante degli acidi nucleici e delle molecole di ATP. Infine giocano un ruolo essenziale anche la vitamina A, indispensabile per la vista e per la pelle, le vitamine B1, B2 e B3, di supporto contro l’astenia ed, infine, la vitamina C, dalla forte azione antiossidante.
Per tutte queste virtù, oltre che sicuramente per il loro sapore, gli asparagi sono estremamente apprezzati anche ai giorni nostri. In Baviera, in particolare, la cittadina di Schrobenhausen, soprannominata la “città degli asparagi”, ospita l’unico museo europeo di questo ortaggio. Inoltre, durante i mesi primaverili, vi si celebra una famosa sagra-mercato in occasione della quale i ristoranti competono tra loro per aggiudicarsi il premio della miglior ricetta agli asparagi.
A questo punto, dunque, non mi resta che augurarvi buon appetito!
Gli Spinaci o Spinacia oleracea L.
Gli spinaci sono le foglie commestibili dell’omonima pianta erbacea (Spinacia oleracea L.) appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae.
Originari delle regioni sud-occidentali dell’Asia, giunsero in Italia tra il XIII e il XIV secolo d.C., ma solo verso la fine del 1800 si diffusero nelle nostre cucine. Oggi le Regioni in cui si coltivano maggiormente sono la Toscana ed il Lazio, seguite dalla Campania, dalle Marche, dal Veneto e dal Piemonte.
Reperibili quasi tutto l’anno, le piante di spinacio, una volta maturate, raggiungono una altezza che oscilla tra i 70 e gli 80 cm e presentano foglie riunite a rosetta di colore verde scuro.
La forma e le dimensioni variano poi a seconda della specie. Le varietà più diffuse sono il Gigante d’inverno, dalle foglie ampie e carnose, il Merlo nero, dalle foglie scure ed arricciate ed il Riccio di Castelnuovo, caratterizzato da foglie spesse e tondeggianti.
Pur essendo particolarmente gustosi, gli spinaci sono idonei anche per coloro che intendono seguire un regime alimentare controllato, considerate le poche calorie presenti e l’abbondanza di acqua al loro interno.
Dal punto di vista nutrizionale gli spinaci sono ricchi di Sodio e Potassio che partecipano al mantenimento della pressione osmotica e alla regolazione del bilancio idrico del corpo nei liquidi extra ed intracellulari. Vi sono contenuti anche alcuni Minerali: il Calcio e il Fosforo, costituenti essenziali delle ossa e dei denti, il Magnesio, importante regolatore dell’eccitabilità delle membrane cellulari, soprattutto quelle dei muscoli scheletrici e cardiaci, lo Zinco, che fa parte degli enzimi implicati nei processi digestivi ed il Rame, coinvolto nella formazione dei globuli rossi.
Da non trascurare anche la presenza della vitamina A, che protegge la pelle e le mucose che rivestono l’esterno e l’interno del corpo, della vitamina C, importante supporto al sistema immunitario, ed alcune vitamine appartenenti al gruppo B, tra cui la B9, che assunta in quantità adeguata diminuisce il rischio della spina bifida neonatale.
Un cenno speciale merita, infine, il Ferro.
Contrariamente a quanto ritenuto per anni, gli spinaci non ne sono particolarmente ricchi. La fama derivava, infatti, da un semplice errore di battitura che ne attribuiva un quantitativo ben dieci volte superiore a quanto effettivamente contenuto.
Se al corretto valore del Ferro (2,9 mg/100 gr) si aggiunge, poi, che all’interno degli spinaci è presente anche l’acido ossalico, che ne ostacola l’assorbimento, sarà facile dedurre che non basta mangiarne molti per diventare forti come Braccio di Ferro!
Peperoncino: che passione!
La pianta del peperoncino, originaria delle Americhe, ormai coltivata in tutto il mondo, appartiene alla famiglia delle Solanacee. Secondo alcuni ricercatori, il suo nome latino Capsicum (L.) deriva da Capsa (scatola) proprio per la particolare forma del frutto, simile ad un contenitore di semi.
Per altri, invece, deriva dal greco Kapto che significa mordere, con evidente riferimento al sapore piccante che, letteralmente, “morde” la lingua al suo contatto.
Il peperoncino piccante è usato come alimento fin da tempi antichissimi. Reperti archeologici testimoniano la sua coltivazione in Messico già nel 5500 a.C. Solo nel 1494, con la scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo, venne introdotto in Europa. I guadagni che la Spagna, paese colonizzatore, si aspettava dal commercio di tale frutto apparirono, tuttavia, ben presto deludenti.
Il peperoncino, infatti, acclimatandosi con facilità nel vecchio continente, si diffuse rapidamente in tutte le regioni meridionali e, contemporaneamente, in Africa ed in Asia.
Entrò così a far parte dell’alimentazione di quella parte della popolazione che non poteva permettersi l’acquisto di costose spezie orientali. Grazie al peperoncino, pertanto, la cucina povera trovò la sua grande occasione non solo per insaporire i cibi sulle tavole, ma anche per garantirne la conservazione.
Il peperoncino con le sue proprietà antibatteriche favorisce, infatti, il mantenimento e l’integrità degli alimenti. Ciò spiega anche perché nelle regioni dal clima caldo, ove il deterioramento dei cibi è più facile, l’uso di questa spezie è maggiore. I popoli ricchi, al contrario, per la forte sensazione che lascia sul palato, non l’hanno mai considerato un alimento da aggiungere alle proprie tavole. Ma non venne solo bandito dalla gastronomia delle nobili cucine. I Puritani ed altre confessioni religiose lo vietarono poiché considerato eccitante e capace di risvegliare i sensi, attribuendogli addirittura poteri diabolici. Non a caso, ancora oggi, in molti dialetti del sud Italia, il peperoncino piccante viene chiamato “diavolicchio”.
Il caratteristico sapore piccante, tuttavia, trova una spiegazione tutt’altro che mistica. E’ infatti determinato dalla presenza di un particolare alcaloide, la Capsaicina, che presente in minore o maggiore quantità, ne determina i diversi gradi di piccantezza. Secondo la Scala di Scoville, uno dei peperoncini più piccanti al mondo è l’“Habanero” coltivato nella penisola messicana dello Yucatan. In Italia le regioni in cui il peperoncino è un elemento fondamentale in cucina sono l’Abruzzo, il Molise, la Puglia, la Calabria e la Sicilia.
La sua popolarità è anche dovuta alle sorprendenti proprietà terapeutiche attribuitegli. Il peperoncino è ricco di vitamina A, importante per la salute della cornea e dei tessuti epiteliali, di vitamina C, utile al nostro organismo per difenderci dalle infezioni, da tutte le malattie da raffreddamento e dai disturbi cardiovascolari, di vitamina PP, che protegge l’elasticità dei capillari ed, infine, di Vitamina E, che accresce la capacità di ossigenazione del sangue. Quest’ultima, in particolare, viene anche considerata la vitamina della fertilità e della potenza sessuale.
Tra i sali minerali e gli elettroliti, quelli presenti in maggiori quantità sono il Potassio, che regola il bilancio idrico del corpo, il Calcio, principale componente strutturale delle ossa, il Fosforo, parte essenziale degli acidi nucleici, e il Ferro, indispensabile per la formazione dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue.
A deporre a favore delle presunte proprietà afrodisiache del peperoncino si aggiungono, inoltre, la forma, il colore rosso vivo del sangue, il sapore forte ed aggressivo e, come detto, la presenza di capsaicina, dalle proprietà vasodilatatorie.
Nonostante non vi siano riscontri scientifici in merito, ciascuno di noi, aggiungendo nella romantica notte degli innamorati un pizzico di peperoncino alle proprie pietanze, potrà comunque continuare a confidare nei desiderati effetti delle sue proprietà.
Il Cetriolo o Cucumis sativus L.
Il cetriolo (Cucumis sativus L.) è una pianta appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae.
I primi reperti sulla sua coltivazione sono stati rinvenuti in Asia e, precisamente, nella catena montuosa dell’Himalaya.
Successivamente si diffuse dapprima in India e, attraverso l’Egitto, giunse in Europa. Piuttosto apprezzato anche in Italia, il cetriolo ha forma allungata, buccia spessa di colore verde scuro e polpa soda e croccante dal sapore leggermente amarognolo.
In base alle dimensioni del frutto i cetrioli vengono distinti in tre categorie: lunghi, commercializzati per lo più in Nord Europa, corti, destinati all’industria dei sottaceti ed, infine, medi che rappresentano la tipologia più diffusa nel nostro paese. Tra questi ultimi le varietà più note sono il Cetriolo Verde Lungo d’Italia, il Cetriolo Marketer ed il Cetriolo Parigino.
Dal punto di vista nutrizionale il cetriolo contiene diversi sali minerali ed elettroliti quali il Sodio e il Potassio, che regolano l’equilibrio acido-base del corpo, il Fosforo, indispensabile in diversi processi di produzione di Energia, il Calcio, importante per la coagulazione del sangue, per la contrazione muscolare e per la struttura ossea del corpo ed, infine, il Ferro, essenziale nei processi respiratori cellulari.
Per quanto riguarda le vitamine sono presenti la Vitamina C, dall’azione antiossidante contro i radicali liberi, alcune del gruppo B tra cui la Tiamina, necessaria per il metabolismo dei carboidrati, la Riboflavina, essenziale per la crescita e la Niacina, fondamentale per il buon funzionamento del sistema nervoso ed, infine, tracce di Vitamina A, che protegge le mucose e gli epiteli del corpo. L’abbondanza di acqua, inoltre, unitamente alle poche calorie, li rende adatti per tutti coloro che intendono seguire regimi alimentari ipocalorici.
Nonostante i cetrioli siano ortaggi tipici dell’estate, la tradizione popolare li vuole protagonisti tutto l’anno per le loro spiccate proprietà benefiche per la pelle. Accanto al noto “rimedio della nonna” che consiste nell’applicare due fette di cetriolo sugli occhi per attenuare il gonfiore e ridurre le cosiddette borse, vengono spesso impiegati contro le scottature solari e per la produzione di maschere di bellezza grazie al potere rinfrescante della polpa, rassodante dei semi e lenitivo del succo.
Lenticchie: la fortuna vien mangiando!
Ormai da qualche anno è esplosa anche in Italia la mania del gioco: bingo, lotto, superenalotto, gratta e vinci sono solo alcuni esempi. In questo mese, in particolare, sale la febbre per l’acquisto dei biglietti della lotteria nazionale di Capodanno poiché, è noto, un biglietto vincente può rendere milionari. Ma non solo i numeri portano fortuna. Ed ecco che accanto a chi gioca quelli ricordati al risveglio da un sogno o a chi si ferma in autogrill alla ricerca di un biglietto fortunato c’è ancora chi confida in un semplice ingrediente della nostra cucina come simbolo di buon auspicio per l’anno nuovo. E’ infatti una tradizione che non tramonta quella di arricchire le tavole già imbandite dei cenoni della notte di San Silvestro con un tipico “fortunato” contorno: le lenticchie.
L’usanza di mangiarle l’ultimo giorno dell’anno deriva da un antico rito pagano secondo cui il consumare questa pietanza porti fortuna e, soprattutto, molti soldi. Per l’occasione, anticamente, era anche tradizione donarsi vicendevolmente un portamonete stracolmo di lenticchie con l’augurio che si potessero trasformare un giorno in monete d’oro.
Ma perchè proprio le lenticchie? Secondo il parere di molti esperti sarebbe stata la loro somiglianza con le monete a dare origine a questa usanza che, protrattasi nel tempo, è sopravvissuta fino ai nostri giorni. Ma la similitudine con le monete non è l’unica peculiarità di questi semi rotondi che, grazie alla loro forma, hanno anche denominato le classiche lenti di vetro. Fin dal passato, infatti, si diffusero in tutto il Mediterraneo, diventando un importante componente della dieta dei popoli della Grecia e dell’antica Roma tant’è che il nome di una delle famiglie capitoline più prestigiose, quella dei Lentuli, deriverebbe proprio da questo legume.
L’ elevata considerazione di cui gode emerge anche dal racconto biblico secondo cui Esaù, figlio di Isacco, per un piatto di lenticchie, vendette la sua primogenitura al fratello gemello Giacobbe. Che avesse torto o ragione non ci è dato saperlo, quel che è indubbio è il loro elevato valore nutritivo che lo salvò dalla morte.
Sono, infatti, molto ricche di proteine (circa il 25%), carboidrati (54% ca.), fibre (14% ca.), vitamine (A, B1, B2, PP, B6, B9, C) e minerali (Sodio, Potassio, Ferro, Calcio, Fosforo, Magnesio, Zinco, Rame, Selenio).
Il sapore varia a seconda delle dimensioni e del colore. Le più gustose sono generalmente quelle a seme piccolo. Tra le varietà più pregiate meritano un cenno le lenticchie di Castelluccio di Norcia, molto piccole e particolarmente saporite. Da non dimenticare anche le lenticchie verdi di Altamura, quelle grandi di Villalba e quelle marrone scuro di Ustica. Quest’ultime, in particolare, crescono sui terreni vulcanici dell’isola e sono ancora oggi coltivate con antiche pratiche manuali.
Di qualsiasi varietà esse siano, non potranno comunque mancare sulle vostre tavole nella notte più attesa dell’anno. Servitele a fine cena, anche dopo il dolce e, allo scoccare della mezzanotte, buttate un occhio al vostro portamonete. Non si sa mai, la fortuna potrebbe esser giunta direttamente dalla vostra tavola.
Felice 2009 a tutti.
La Zucca, un ortaggio versatile
Riposti i costumi da bagno nell’armadio, siamo giunti anche quest’anno alla festa di Ognissanti. In occasione di questa ricorrenza si è diffusa ormai anche in Italia la divertente usanza di intagliare le zucche che, forse non tutti sanno, trova la sua origine nell’antica leggenda irlandese di Jack-o’-Lantern.
Nei vecchi pub d’oltremanica si possono, infatti, ascoltare le gesta di questo pigro ma astuto fattore che strinse, con l’inganno, un patto con il Diavolo per evitare le pene dell’Inferno nel caso in cui in vita avesse agito malamente. Si narra, in particolare, che alla sua morte, tuttavia, egli aveva commesso così tanti peccati da non poter certo essere accolto neppure in Paradiso.
E così Jack, relegato in Purgatorio, svuotò una delle sue zucche, la intagliò a forma di volto, vi sistemò all’ interno una candela e cominciò a vagare alla ricerca di un luogo tranquillo ove poter riposare. Divenne quindi noto come Jack-o’-Lantern o Jack della Lanterna, nome con il quale oggi si chiamano, nei paesi anglosassoni, le zucche incise. La tradizione vuole, infine, che la notte di Halloween per respingere la povera anima errante debba esser posata una spaventosa zucca illuminata fuori dalla propria porta di casa.
Oltre ad essere adibite a lanterne, in passato le zucche svuotate venivano utilizzate dalle famiglie contadine come recipienti per trasportare acqua, vino e sale. Questa abitudine ha dato poi origine all’espressione “aver sale in zucca” che si usa come sinonimo di ingegno ed intelligenza.
Seppur circondato da un autunnale alone di mistero, questo colorato ortaggio ha, per lungo tempo, rappresentato una fondamentale riserva alimentare per le zone più povere del mondo, in quanto ricco di principi nutritivi. Contiene infatti fibre, glucidi, beta-carotene (utile per la pelle, per la vista, per proteggere le mucose delle vie respiratorie e per difenderci dagli agenti inquinanti), vitamina C (importante, oltre che per l’azione antiossidante, per la sintesi del collagene e per l’assorbimento e l’utilizzazione del ferro) e preziosi minerali quali il Potassio, il Fosforo, il Calcio e il Ferro. Nonostante il suo sapore dolciastro, la polpa gialla e farinosa è ipocalorica grazie alla presenza al suo interno di un’alta concentrazione di acqua ed una bassissima percentuale di lipidi.
La Cucurbita maxima è la zucca per eccellenza, il cui peso, pensate, può arrivare addirittura fino ad 80 kg! Estremamente versatile, si presta in cucina ad essere preparata secondo svariate ricette. Generalmente si consuma cotta, al forno o al vapore, per preparare risotti, minestroni, purè e ripieni. C’è anche chi la propone fritta nella pastella oppure cruda grattugiata nelle insalate.
Ma sappiamo riconoscerne una fresca e matura? Semplice, il picciolo deve essere morbido e ben ancorato, la buccia deve essere pulita e intatta e, se colpita leggermente, deve emettere un suono sordo.
Oltre che in cucina viene utilizzata come vecchio rimedio casalingo contro le infiammazioni cutanee e le nausee mattutine. Nel primo caso basterà infatti tritarne la polpa e posarla sulla zona da trattare, nel secondo sarà sufficiente berne l’estratto. Infine una curiosità della lingua italiana.
Il dizionario Zanichelli fa derivare il termine “zucca” da “cocutia” (testa) poi trasformato in “cocuzza”, “cozuccae” ed, infine, zucca. Dalla parola zucca è nato poi il termine “zuccata”, per indicare un forte colpo dato con la testa. A questo punto non mi resta che augurarvi di trascorrere in compagnia la spaventosa notte delle streghe, pronti ad accendere la vostra Jack-o’-Lantern nel caso in cui qualcuno senza sale in zucca venga a bussare rumorosamente alla vostra porta.
La Pera o Pyrus communis L.
La pera è il frutto dell’albero del pero (Pyrus communis L.), una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Originaria delle regioni temperate comprese tra l’Europa orientale, l’Asia occidentale e l’Africa del nord, secondo antichi reperti archeologici viene coltivata da più di 4000 anni.
Attualmente la pera è diffusa in tutto il mondo, ed in particolare in Oriente, in Europa, nel bacino del Mediterraneo e nelle Americhe. Secondo i dati forniti dalla FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) il primo produttore mondiale di pere è la Cina, seguita dall’ Italia e dagli Stati Uniti. Nel nostro paese, in particolare, le regioni in cui le coltivazioni sono maggiormente concentrate sono l’Emilia Romagna (si stima che il 70% circa del raccolto nazionale provenga da questa regione), il Veneto, il Trentino-Alto Adige ed il Piemonte.
Disponibili tutto l’anno, si conoscono più di 5000 varietà diverse di pere, ciascuna delle quali presenta caratteristiche peculiari in quanto a grandezza, forma, colore e sapore.
Le più diffuse sono:
- la William: selezionata in Inghilterra alla fine del ‘700, è la specie più coltivata in Italia. A metà agosto circa, quando giunge a maturazione, presenta buccia liscia di colore giallo chiaro, con qualche leggera sfumatura di rosso. La polpa, bianca e profumata, è particolarmente adatta ad essere consumata fresca.
- La Decana del Comizio: di origine francese, viene raccolta a fine settembre. Di colore verde tendente al giallo e sapore estremamente dolce, si contraddistingue per la forma tondeggiante.
- La Abate Fétel: scoperta in Francia verso la metà dell’800, è un frutto di grosse dimensioni dal caratteristico aspetto allungato e a fiaschetto e che matura all’inizio dell’autunno. La buccia, liscia e sottile, è di color giallo-ruggine e la polpa, dolce ed acidula al tempo stesso, è estremamente profumata e gradevole.
- La Kaiser: anch’essa di origine francese, presenta polpa giallastra e consistenza lievemente granulosa. Viene raccolta a metà settembre quando la buccia, cosparsa di numerose ed evidenti lenticelle, assume un intenso colore marrone-bruciato.
- La Conference: specie inglese della fine dell’800, ha cominciato a diffondersi in Italia solo intorno alla metà del secolo scorso. In tarda estate, quando matura, assume una colorazione tendente al bronzo e la buccia, ruvida al tatto, protegge una morbida polpa dal profumo particolarmente aromatico.
- La Passa Crassana: è un frutto di grosse dimensioni (circa 250 g) di origine francese. Si contraddistingue per la buccia verde che, a maturazione, vira verso il giallo e per la polpa granulosa. I frutti, molto resistenti, si raccolgono in ottobre.
- La Coscia: è una pera di piccole dimensioni di colore giallo. La polpa ha consistenza granulosa ed il sapore è particolarmente dolce ed aromatico.
Oltre ad essere consumate fresche, queste varietà si prestano per la preparazione di succhi, grappe e di svariate specialità gastronomiche. A questa grande versatilità si associano anche diverse ed importanti proprietà nutrizionali.
Un aspetto che contraddistingue le pere è, innanzitutto, la ricchezza di zuccheri semplici ad alto potere dolcificante, che le rendono particolarmente indicate nell’alimentazione di bambini ed anziani. Nonostante la dolcezza, tuttavia, le pere sono, al contempo, idonee anche per coloro che intendono controllare le calorie introdotte con l’alimentazione in quanto un frutto di medie dimensioni, circa 160 g, apporta 100 calorie.
Le pere rappresentano, inoltre, anche un’ottima fonte di fibre vegetali, indispensabili per regolare la motilità intestinale, di Potassio, che interviene nell’equilibrio acido-base e nel bilancio idrico del corpo, di Fosforo, fondamentale nei processi di produzione di energia, di Calcio, necessario per la coagulazione del sangue e per la funzionalità muscolare, nervosa e cardiaca, di Magnesio, che prende parte al metabolismo dei carboidrati, delle proteine, dei grassi e degli acidi nucleici, ed, infine, di Ferro, essenziale nei processi di respirazione cellulare.
Sul fronte delle vitamine sono presenti la Vitamina A, dall’azione protettiva sulle mucose e sugli epiteli in genere, la Vitamina C, necessaria per la sintesi del collagene e per l’assorbimento e l’utilizzazione del ferro, ed alcune del gruppo B, tra cui la B1, la B2 e la B3, importanti, nel complesso, per recuperare le energie durante i periodi di spossatezza.
Infine una curiosità. Come tutti sappiamo, la pera si sposa perfettamente con i formaggi dal gusto deciso, come quelli piccanti o il pecorino. Ma da dove deriva il famoso detto “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”?
Diffusosi tra la nobiltà già al tempo del Medioevo, secondo le ipotesi più accreditate questo gradito binomio era l’espressione del buon gusto e della raffinatezza tipica dei ceti elevati. Per mantenere il necessario distacco sociale dell’epoca con le classi più povere era, quindi, opportuno che queste ultime non conoscessero e, di conseguenza, apprezzassero la bontà del ricercato accostamento delle pere al formaggio.